sabato 26 marzo 2011

Ciò che è razionale è reale...

Diceva Kant che l'azione morale vale, per se stessa, di essere compiuta. Io aggiungerei che la sensazione di felicità che deriva dalla consapevolezza di aver compiuto un'azione morale, diventa una specie di farmaco dell'anima dal quale, rapidamente, si diventa dipendenti: io rispondo che se consideriamo i postulati Kantiani nella "Critica della ragion Pratica", circa gli imperativi categorici, le massime e le sue conclusioni sull'agire morale, il discorso è coerente...
Però l'esempio della dipendenza al farmaco, mi fa pensare  ad un egoismo mascherato da altruismo...E quindi resto sempre convinta che non esista un agire morale incondizionato, che faccia appello ad una legge morale assoluta.

Tutto questo senza considerare ovviamente le critiche successive a Kant, partendo da Hegel…

“Nel mondo nulla di grande è stato fatto senza passione… L'uomo non è altro che la serie delle sue azioni.”

Chi era Hegel? Un romantico, che si contrappose a Kant ovviamente, e non l’ho citato a caso in quell’occasione…
“E tuttavia qui nella coscienza per la prima volta compare una nuova dimensione dell'essere (compare o nasce?): è la bellezza, la sensazione che la vita è bella, la consapevolezza che insieme è possibile godere della luna e delle stelle”
Quando egli parla di “spirito del mondo” si riferisce alla somma di tutte le espressioni umane, poiché soltanto l’essere umano è dotato di spirito. Partendo da questa accezione egli può parlare del corso dello spirito del mondo attraverso la storia. Kant parlava della “cosa in sé” postulando tuttavia l’esistenza di una verità irraggiungibile. Hegel invece sosteneva che la verità è soggettiva, e che tutta la conoscenza è conoscenza umana: egli insegna a pensare in modo fecondo. Riteneva che ciò che rappresenta il fondamento del sapere umano muta di generazione in generazione e per questo non esistono verità eterne, né una ragione atemporale.
“anche un fiume cambia continuamente, ma ciò non significa che tu non possa parlare del fiume. Tuttavia non puoi chiederti in quale punto della vallata tale fiume sia più autentico”
Anche il pensiero della storia è paragonabile al corso di un fiume, non è dato sostenere che un tale pensiero valga in eterno, anche se può essere giusto nel contesto in cui ci troviamo in un determinato istante…
La ragione è qualcosa di dinamico, è un processo, e la verità è questo stesso processo: tesi, antitesi e sintesi. Quando ci troviamo coinvolti in una discussione non è sempre facile decidere che cosa sia più ragionevole… “ciò che è razionale, è reale”…pertanto, ciò che è giusto continua ad esistere. La tensione tra essere e non essere viene risolta nel concetto di divenire…parliamo dunque di una ragione dinamica…la realtà è contraddittoria, e la sua descrizione non può che essere tale.
«vero è l'intero. Ma l'intiero è soltanto l'essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell'Assoluto si deve dire che esso è essenzialmente Resultato, che solo alla fine è ciò che è in verità».
Per Hegel non è possibile ritirarsi dalla società in cui si vive, e pertanto non è l’individuo a trovare se stesso ma lo spirito che ritorna a se stesso, diventando consapevole di sé nello spirito assoluto (arte, filosofia…). La filosofia è la scienza più alta perché in essa lo spirito riflette sulla propria attività nella storia, soltanto nella filosofia lo spirito incontra se stesso: possiamo definirla come lo specchio dell’anima.
“noi non possiamo essere ironici. Siamo soltanto vittime indifese di un’ironia di questo tipo. Se un bambino disegna qualcosa su un foglio, non puoi chiedere al foglio di spiegarti che cosa voglia rappresentare il disegno”


Pertanto, non credo che esista una filosofia o una verità assoluta: quando parlavamo dell’agire morale, del dono disinteressato, mi sono permessa di dubitarne l’esistenza. Ma posso correggermi alla luce di questo: non esiste in maniera assoluta, ma in certe e rare circostanze può esistere. Dubito che siano frequenti. « Questa coscienza infelice scissa entro se stessa è così costituita che, essendo tale contraddizione della sua essenza una coscienza, la sua prima coscienza deve sempre avere insieme anche l'altra. In tal modo, mentre essa ritiene di aver conseguito la vittoria e la quiete dell'unità, deve immediatamente venire cacciata da ciascuna delle due coscienze. »
( Fenomenologia dello spirito, cit. vol.I, p.174 )

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